Nell’attesa dei rinnovi contrattuali, nel pubblico impiego a dicembre arriva il super-anticipo previsto nel decreto approvato dal Governo lunedì scorso.
L’ammontare sembra molto semplice da calcolare: l’indennità di vacanza contrattuale di dicembre moltiplicata prima per 13, per annualizzare l’importo, e poi per un coefficiente pari a 6,7.
*Ma l’anticipo non è per tutti:*
è riservato ai dipendenti a tempo indeterminato in servizio nella Pa statale; con l’esclusione di precari. Ed è facoltativo per gli enti che finanziano il personale sul proprio bilancio.
Il testo non affronta le tematiche applicative.
Se il dipendente è in servizio tutto l’anno a tempo pieno non ci sono particolari problemi di quantificazione. La questione si complica se il dipendente è stato assunto durante l’anno o al limite il 1° dicembre 2023. In questi casi si deve corrispondere l’importo pieno o la somma va parametrata al periodo lavorato nell’anno? Analoghe considerazioni valgono nel caso in cui si sia usufruito di aspettative senza retribuzione o con retribuzione ridotta e per i part-time.
La lettera della norma prevede di aggiungere all’Ivc di dicembre il «relativo valore annuale». Dizione che può assumere una duplice valenza: l’indennità di dicembre moltiplicata per 13 oppure la somma corrisposta nel 2023.
Se il finanziamento per le amministrazioni statali è previsto nel decreto anticipi, per le altre si deve raschiare il barile per trovare i fondi necessari. E i tempi sono strettissimi. Per gli enti che hanno già accantonato, nel bilancio di quest’anno e in quello precedente, somme cospicue per il rinnovo contrattuale lo sforzo finanziario richiesto potrebbe essere limitato. In caso contrario sarà molto difficile trovare la copertura e rispettare gli equilibri di bilancio. E il tutto in pochi giorni considerato che l’assestamento deve avvenire entro la fine di novembre rispettando i tempi imposti dall’iter di approvazione.
Ma per gli enti locali gli ostacoli non sono finiti. Pur ipotizzando di superare il problema delle risorse a bilancio, si deve tener conto dei limiti previsti dalla normativa vigente in materia di rapporto tra la spesa di personale e le entrate correnti contenuti nel Dm del 17 marzo 2020. Non è infatti possibile sterilizzare gli arretrati contrattuali al contrario di quanto avviene per la spesa storica. L’imputazione a bilancio 2023 di queste somme farebbe aumentare in modo significativo il numeratore con il rischio di far cambiare di fascia l’ente e con il conseguente effetto sulle capacità assunzionali. Ma anche se si rimanesse nella stessa fascia questo limiterebbe comunque gli spazi di manovra mettendo a repentaglio il piano occupazionale.
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